La lettera è ingiallita e ci riporta indietro al giugno del 1917. La lettera è stata scritta sul fronte del Medio Isonzo. Quelle infinite pietraie del Carso dove italiani e austroungarici hanno distrutto le loro gioventù. Inizia con un “cara famiglia”, nel testo c’è la preoccupazione di mandare avanti le vicende di casa e delle proprie vigne. La chiusura è una speranza di trovarsi tutti assieme quando tornerà il giorno della felicità e la guerra sarà finita. Il 20 settembre del 1917 una bomba colpiva il mio bisnonno e quella lettera rimase a sancire per sempre una speranza vana.
Una speranza comune a milioni di caduti e a tutte le famiglie che furono devastate dalla Prima Guerra Mondiale. Oggi ripenso a tutti i campi di battaglia che ho visitato e a tutte le tragiche storie in cui mi sono imbattuto a cui cerco di dar voce con la mostra fotografica ed il libro si combatteva qui! Ripenso anche all’altro mio bisnonno, caduto un anno prima durante un audace assalto.
Rivedo Oslavia, quell’immenso sacrario dove riposa il mio bisnonno tra decine di migliaia di militi ignoti. Mi viene la pelle d’oca. Sul marmo bianco una terribile cifra indica 57.740 caduti.
Per non dimenticare.
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